Lascaux O.N.L.U.S. 

E’ una Cooperativa senza scopo di lucro che opera nel sociale sui territori delle province di Milano e Monza e Brianza, attraverso servizi ed attività coerenti, nella loro applicazione, ai presupposti teorici dell’insegnamento di Jacques Lacan.

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4 Maggio 2021

Formazione per educatori e genitori 0-6 anni

Webinar in diretta 22 maggio 2021 - 9.30 / 12.00 Formazione per educatori, genitori, specialisti…
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📣 Ecco il calendario dei nostri corsi per i primi mesi del 2022! Avrete la possibilità d’imparare come costruire e progettare un percorso sensoriale per i bambini 0-6, scegliere e narrare rappresentando un libro o un albo illustrato attraverso la lettura espressiva, pupazzi, burattini e tanto altro… insieme a Lascaux Educazione con la docente Dott.ssa Roberta Giuffrida – Pedagogista .
✅ corso per educatori, insegnanti, genitori, addetti ai lavori
✅ in presenza presso Nidoblu o on line attraverso piattaforma google meet
📧 per info e iscrizioni info@lascauxonlus.it
☎ 3925545617

23 OTTOBRE 2021 DALLE 9.30 ALLE 12.30 – ASILO NIDO BLU, via per Bresso 236, Cinisello Balsamo

Dal libro alla rappresentazione

Come “narrare rappresentando” una storia a partire da un albo illustrato

Non ci si può improvvisare animatori alla lettura, soprattutto se i destinatari sono i bambini da 0 a 6 anni. Il corso si propone di offrire gli strumenti per poter “narrare rappresentando” una storia a partire da un albo illustrato, seguendo una progettualità che garantisca rigore e scientificità.

Cosa imparerai:

  • progettare e condurre un percorso di animazione alla lettura al nido e nella scuola dell’infanzia;
  • ampliare le tue competenze espressive;
  • analizzare un testo per l’infanzia (albo illustrato);
  • utilizzare in modo consapevole il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale;
  • utilizzare in modo creativo il materiale di riciclo.

Struttura del corso:

Primo modulo:  Fiato alle pagine! La lettura educativa

3 ore – con attestato di frequenza in presenza e on-line

COSTO: 35€

PER INFO  E PRENOTAZIONI (obbligatoria)

INFO@LASCAUXONLUS.IT

3925545617

Webinar in diretta 22 maggio 2021 – 9.30 / 12.00

Formazione per educatori, genitori, specialisti 0-6

I bambini alla loro nascita hanno in dotazione un’enorme quantità di neuroni. Tuttavia non è il loro numero a determinare l’intelligenza di ciascuno, ma il numero di connessioni che fra essi si creano. In questo giocano un ruolo fondamentale le esperienze che i bambini, sin dai primi mesi di vita, vivono con gli adulti significativi; le stimolazioni proposte dagli adulti sono fondamentali per lo sviluppo armonioso del sistema nervoso e dell’intelligenza.

Cosa imparerai:

  • approfondirai le caratteristiche della relazione educativa attraverso il gioco;
  • analizzerai le fasi di sviluppo del bambino nei primi tre anni di vita;
  • acquisirai maggior consapevolezza nella progettazione e nella costruzione del gioco sensoriale.

Contenuti:

  • Sguardo, voce, pelle. Il primo gioco è l’adulto.
  • Quali giochi? Dal cestino dei tesori alla costruzione della casa. Un lungo percorso di consapevolezza.
  • L’importanza della scelta dei materiali.

 

Costo: 25€ con attestato di partecipazione

 

ISCRIZIONI ENTRO 13 MAGGIO 2021 A info@lascauxonlus.it – 3925545617

27 aprile 2021 ore 21.00
MEZZ’ORA CON LASCAUX – SPUNTI E RIFLESSIONI 0-6
Non perdetevi la nostra diretta FB con STEFANIA CRINGOLI, consulente pedagogica ed educatrice alla teatralità, a cui faremo tantissime domande su come e cosa leggere ai bambini più piccoli, a partire dai primi giorni di vita!
Un’occasione per stare insieme e approfondire il tema della lettura e della narrazione anche nei piccolissimi

(altro…)

di  V A L E N T I N A L O Z Z A , psicologa, psicoterapeuta, educatrice, coordinatrice di Nido blu

Cari genitori , ci sono dei giorni in cui vi dobbiamo riferire alcuni episodi spiacevoli, come il fatto che i vostri bimbi siano artefici o vittime di gesti dei compagni che possiamo definire “aggressivi”: morsi, graffi, spintoni.
Leggiamo nei vostri occhi la preoccupazione e il pensiero corre al futuro ed è facile inciampare nei propri pensieri nelle parole vittima, bullismo, cattiveria, aggressivo, indifeso, e ci si domanda come sarà quando crescerà.
Un bel respiro profondo, siamo ancora al nido.
Nella fascia 0-3 è assolutamente normale che i bambini interagiscano fra loro anche attraverso la propria quota di aggressività che è radicata, per inciso, in ogni essere umano, proprio in quanto essere umano.
La cultura, la nostra società, le comunità scolastiche, la famiglia educano il bambino a interagire in modi più appropriati con le altre persone, ma, di fondo, tutti abbiamo un istinto, un moto pulsionale con una carica anche aggressiva, è la nostra natura. Crescendo impariamo che ci sono strategie migliori per interagire con l’altro, per farci valere, per comprendere, per farci capire, per avere quello che desideriamo ma le impariamo con tempo, costanza, inciampi, errori. Impariamo soprattutto per prove ed errori a relazionarci con gli altri, piano piano comprendiamo che alcune strategie funzionano, altre è meglio abbandonarle.
Per esempio, se ho fretta e sono alla cassa del supermercato e voglio fare presto ho diverse possibilità ma ho imparato che la soluzione migliore è chiedere con gentilezza alla persona davanti a me se mi lascia passare e che urlare, buttarmi per terra, morsicarla, graffiarla, non sono strategie vincenti. Ecco al nido siamo nel periodo storico della vita in cui ancora si sta imparando come ci si relaziona con gli altri e si va per tentoni, per tentativi. Alle volte i tentativi includono morsi, graffi, spinte, strattoni. Sarebbe davvero ingiusto nei confronti dei bambini
connotarli da un punto di vista morale come gesti cattivi, perché non è presente nei bambini la distinzione fra bene e male che può avere culturalmente per un adulto. Non esistono quindi gesti cattivi, tantomeno bambini cattivi. Esistono però delle pulsioni, degli istinti che sfociano in gesti e azioni che vanno disincentivati per chi si occupa dell’eduzione dei bambini. Ecco perché i nostri no per questi gesti sono sempre decisi, senza indugi. Il bambino deve comprendere che così no, non va bene, non è un comportamento accettato dall’Altro.
Va contestualmente insegnato al bambino come poter raggiungere l’obiettivo che con il morso o il graffio intendeva raggiungere, per esempio avere un gioco. Ecco che entra in campo un altro importante fattore: la domanda. È fondamentale che il bambino impari a domandare, a chiedere, in ogni contesto.
Ecco perché insistiamo con loro affinché chiedano il gioco che desiderano al compagno e contestualmente chiediamo al compagno di rispondere si o no alla domanda. In caso di si i giochi sono facili, in caso di no chiediamo che venga accettato anche il no. Questa è la via che crediamo possa essere più facilmente compresa anche dai bambini piccoli. Chiedere, chiedere, chiedere, ogni cosa. Ecco perché insistiamo anche che ci venga chiesto il bis, l’acqua, il biscotto in più, il gioco in alto allo scaffale e che alle nostre domande rispondano si o no,
almeno con un cenno. Qualsiasi cosa è pretesto per insistere sulla domanda, sulla richiesta, perché solo con la ripetizione costante i bambini possono prendere confidenza con le modalità in cui la socialità si costituisce.
Cari genitori, l’aggressività questa età è davvero del tutto normale, a dosi moderate, fa parte del processo di crescita e autoaffermazione, del comprendere la misura fra me e l’altro, di quello che si può fare e quello che è meglio evitare per vivere con gli altri. I morsi, i graffi succedono, succederanno ancora, l’importante è lavorare, costantemente sull’educare i bambini al comprendere gli altri, a interagire in modalità più funzionali che siano altrettanto soddisfacenti per avere ciò che si desidera e convincerli che la via più breve, prendersi quello che si vuole, non sempre è quella più corretta, anche se alla coda del supermercato incontriamo tuttora adulti che dimenticano ciò che hanno imparato al nido.

di SARA LIGORIO, educatrice Nido blu

Riuscire a calmare una persona arrabbiata non è mai semplice e ciò diventa ancor più difficile se ad essere calmato è un bambino che fa ancora fatica a riconoscere in modo preciso ciò che prova. Pianti inconsolabili, forte agitazione motoria, urla… relazionarsi con un bambino arrabbiato è spesso molto faticoso e può attivare anche in noi stessi forti emozioni: ci si può sentire impotenti difronte ad una perdita di controllo nel proprio bambino, spaventati, arrabbiati, dispiaciuti… è tutto normale!
Partiamo dal capire meglio cosa sia la rabbia e a cosa serva ai bambini. Molto spesso quando si pensa alla rabbia e all’aggressività si fa riferimento a delle emozioni negative, distruttive, spesso da volere liminare. In realtà tale emozione è stata definita adattiva poiché aiuta il bambino a mettersi in guardia contro i pericoli, permettendogli di reagire; si tratta di un meccanismo di protezione che ha il compito di segnalare a sé e all’altro che qualcosa non va, che qualcuno ci sta facendo del male, ci sta dando fastidio, che non si ritenga giusto qualche comportamento, che i propri bisogni o desideri non siano stati soddisfatti. Ciò ci stimola a farci valere e a comunicare il proprio stato emotivo.
Fino ad ora abbiamo parlato di rabbia che è lo stato emotivo provato dal bambino in situazioni di pericolo o minaccia dei propri bisogni; il comportamento strettamente correlato è l’aggressività. Anch’essa, così come la rabbia, non è da connotare esclusivamente in maniera negativa in quanto fa parte del percorso di crescita e autoaffermazione di sé come soggetto autonomo. Infatti nel primo anno di vita l’aggressività del bambino è una modalità specifica sia di reagire alle frustrazioni sia di dare spazio alla tendenza esplorativa che caratterizza proprio i primi anni di vita.
Intorno all’anno e mezzo il bambino esplora l’ambiente in maniera maggiormente autonoma e attiva: inizia a percepirsi come diverso dall’altro e mette in campo comportamenti che gli permettono di definirsi come individuo.

Ad esempio inizia ad esprimere gusti, preferenze, compare il “no”, difende le proprie conquiste che lo fanno sentire capace; dall’altra parte il conquistare delle autonomie significa scoprire le proprie risorse ma anche i propri limiti, percependone tutta la rabbia e la frustrazione.
In questa fase dello sviluppo si possono osservare i giochi del fare e del disfare; i bambini rompono/smontano le cose per capire cosa nascondano. Attraverso ciò il bambino impara ad affermare se stesso, a conoscersi e a conoscere l’ambiente. Quando, verso i tre anni, il bambino ha consolidato certe abilità e si sente più forte, i giochi iniziali si modificano ed è normale che comincino i giochi di rivalità che necessitano la mediazione di un adulto per contenere le emozioni che la rivalità implica e per aiutare i bambini nel comprendere quale sia il modo corretto di stare con l’altro.
Durante la prima infanzia si parla principalmente di aggressività fisica che non va confusa con un comportamento violento o cattivo in quanto il bambino non ha ancora sviluppato le competenze cognitive per mettere in atto un comportamento teso a danneggiare intenzionalmente l’altro. Bambini molto piccoli ricorrono prevalentemente a forme fisiche di aggressione poiché non dispongono ancora delle abilità linguistiche e cognitive che consentono loro di ricorrere al linguaggio esprimendo ciò che provano; ciò si associa, come inizialmente detto, all’incapacità di regolare e gestire in autonomia il turbinio di emozioni che si scatena dentro di loro. Loro sentono
l’emozione nel corpo senza comprendere ciò che gli accade e senza riuscire a comunicarlo!
Per potere maturare delle competenze hanno bisogno della figura dell’adulto: qualcuno che li accompagni nella comprensione e nella regolazione di ciò che provano. E’ quindi fondamentale la funzione del genitore che possa “reggere” le loro emozioni, contenerle, nominarle, regolarle e indicare dei comportamenti adattivi da mettere in gioco per esprimerle. Ad esempio, capita spesso anche al nido che un bambino voglia giocare con il gioco di un altro bambino e, dovendo aspettare, si arrabbi e diventi aggressivo con l’altro: in questi casi è importante spiegare al bambino cosa stia succedendo “Ora sta giocando Luca, quando ha finito puoi usarlo tu”, verbalizzare e comprendere l’emozione
provata “So che questa cosa ti fa arrabbiare” e aiutarlo nel regolarsi magari aspettando con lui e proponendogli un gioco alternativo nell’attesa. Vale la pena aggiungere che se l’aggressività può recar danno al bambino o ad altri può essere necessario un allontanamento fisico dalla situazione relazionale per dar modo al bambino di “lasciar scorrere” l’emozione e comprendere che ad essa si può “sopravvivere”. In ogni caso è importante parlare al bambino aspettando che non sia più accecato dalla rabbia in modo tale che possa essere disponibile all’ascolto.
Tutto ciò non è affatto semplice per il genitore! È importante accettare di non essere dei genitori perfetti e di accontentarsi di essere genitori “sufficientemente buoni” come citava Winnicott, pediatra e psicoanalista britannico, capaci di accettare i propri limiti, ma nello stesso tempo realmente disponibili a fare del proprio meglio ed essere sintonizzati sui bisogni dei propri figli. Concludendo, per provare a cavalcare
insieme al vostro bambino l’onda delle sue emozioni alla base di un comportamento aggressivo è importante comprendere che le emozioni “negative” non passano solo perché decidiamo di non dargli importanza bensì si regolano quando riusciamo a dargli un nome e a sentirci
compresi; inoltre il bambino è sensibile anche allo stato emotivo del genitore stesso, più si è calmi e rilassati, maggiormente il bambino riuscirà a rilassarsi. Infine, nonostante il bambino non parli ancora, è in grado di sintonizzarsi sul tono che ascolta, per questo bisogna
abituarlo a sentire le parole utili ad esprimere le emozioni; allo stesso tempo però bisogna essere in grado anche di porre dei limiti ai comportamenti inadeguati, facendo capire loro che ciò che è sbagliato è il “mordere” o il “tirare i capelli” e non l’essere arrabbiati!

La letteratura di infanzia è ricchissima di spunti e ottime edizioni per avvicinare i bambini alla lettura. C’è così tanta scelta che diventa
importante come scegliere.

Ecco qualche consiglio per la scelta di acquisto di un nuovo libro.

  • Poche pagine: l’attenzione di un bambino sotto i 3 anni è molto ridotta, se proponiamo troppe pagine
  • rischiamo di perdere tutta l’attenzione che hanno
  • Poche parole: a quest’età non è importante che la storia sia ricca, bastano poche parole, meglio se co
    n tanti suoni onomatopeici e con le stesse parole che si ripetono, come un ritornello, per favorire la memorizzazione
  • Immagini semplici: colori ricchi, forme semplici, riconoscibili sono un sicuro successo
  • Interazione: sono molto interessanti i libri che permettono un minimo di interazione, per esempio co
  • n delle domande a cui bisogna rispondere
  • Ispirazione: lasciatevi ammaliare dai libri, scegliete quello che piace in primo luogo a voi, così da trasmettere il vostro piacere anche ai bimbi.
  • Senza limiti: qualsiasi cosa va bene per leggere, nella libreria del nido abbiamo anche un catalogo ikea!

Il bambino, già da feto, vive in un “bagno di  linguaggio” direbbe J. Lacan, psicoanalista francese che proprio dello studio del linguaggio ne fa una strada maestra per lo studio dell’essere umano. Se ci pensiamo, in effetti, il linguaggio distingue la nostra specie in modo specifico. Il feto vive in un ambiente che è già permeato dalle voci, dal linguaggio e costituisce un ambiente sonoro che riconosce. Una volta nato, pur non  comprendendo subito la correlazione fra parola e significato, è attratto dalla voce umana, soprattutto da quelle che già in feto lo accompagnavano: mamma, papà, parenti. È importante per i genitori, quindi, tenere vivo l’interesse del bambino per la voce umana e per il linguaggio, affinchè esso possa svilupparsi ed essere sostenuto. Non si tratta di fare esercizi o altro, semplicemente di porre attenzione al
proprio linguaggio, ancora una volta porre attenzione a noi come adulti.

Una cosa molto semplice che possiamo fare, fin da subito, è descrivere le nostre azioni quotidiane, mentre il bambino ci osserva. Per esempio, cosa facciamo al cambio del pannolino, mentre cuciniamo o puliamo, come una telecronaca. È fondamentale, inoltre, interagire con il bambino attraverso la parola, interpretare i suoi bisogni, per esempio i suoi mugugni, i suoi pianti. Non importa se l’interpretazione sia corretta oppure no, l’importante è restituire in parola ciò che il bambino vive e non può ancora esprimere, ad es. “hai fame / sete / sonno / sei arrabbiato”. Lacan direbbe: restituire un senso al bambino per introdurlo nella catena dei significanti, delle parole; Bion, altro sicoanalista, direbbe: fornire al bambino un pensiero a ciò che ancora non lo è, per aiutarlo a sua volta a pensare. In ogni caso, come la si voglia dire, è importante fornire al bambino, che ancora non conosce tutte le sfaccettature di quello che prova, delle coordinate.

Facciamo uno sforzo di immaginazione: pensate di essere in un villaggio  straniero di cui non conoscete la lingua. Improvvisamente avvertite in lontananza un pericolo, un rumore, non sapete bene di che cosa si tratti, ma sentite l’esigenza di comunicarlo a qualcuno del posto per farvi aiutare. Cominciate così, con i segni e con dei mugugni, a cercare di spiegare quello che avete intravisto.
Con molta calma e pazienza, alla fine, riuscite a intendervi e quello che avete visto non è nient’altro che il cane del villaggio, che non avevate visto precedentemente, ma è innocuo. Vi viene mostrato, lo conoscete e la paura svanisce. Avete compreso, conosciuto, associato il nome straniero all’animale, un suono qualsiasi che per voi non ha alcun significato a prescindere ma che ora acquista senso e ciò che vi faceva paura ora è un simpatico cagnolino, potete camminare tranquillamente sapendo che il cane è in giro, senza averne timore.
Ecco cosa può provare, forse, un bambino alle prese con un mondo tutto nuovo.
Se gli viene mostrato di cosa avere paura e di cosa non averne, se gli vengono dati dei suoni per nominare le cose del mondo, egli inizia ad avere delle coordinate in cui potersi muovere. Nominare il mondo ci permette di maneggiarlo, di comprenderlo. Ci sono altre accortezze da tenere a mente.
È stato dimostrato da diversi studi che il “motherese”, il linguaggio che spesso i genitori utilizzano in modo inconsapevole quando parlano con i bambini, ossia un linguaggio semplificato con un tono della voce più alto del normale, con diversi vezzeggiativi, può portare dei vantaggi nei primi mesi di vita, purchè non si protragga troppo. È importante, infatti, che al bambino si parli in modo spontaneo, cercando di utilizzare un linguaggio semplice, scandito, con pause, enfatizzato magari dai gesti, tuttavia naturale. È importante non avere un sottofondo di musica o tv accesa, per non distrarre il bambino e dargli troppi stimoli. Piuttosto dedicate un tempo e uno spazio all’ascolto attivo della musica e della televisione, senza eccedere in quest’ultima.
Diversi studi hanno dimostrato che il precoce accesso a tv, smartphone e tablet inibisce lo sviluppo del bambino, anche del linguaggio, invece che aumentarlo. Perché? Con la tv ascolta moltissime parole…. In quelle parole, però, non c’è nessuna relazione, nessuno che le rivolga proprio a quel bambino in modo particolare. L’essere umano è sì fatto di parole, ma di parole vive, che vengono da un altro essere umano in relazione con il bambino in carne ed ossa.
Ultimo consiglio: leggere! Scegliete libri adatti all’età del vostro bambino, ma soprattutto che vi piacciano!
È importante leggere almeno 10/15 minuti al giorno, in un tempo dedicato e con piacere di entrambi.

“Il linguaggio, prima di significare qualcosa, significa per qualcuno.”
JACQUES LACAN

 

di Valentina Lozza, psicologa, educatrice, coordinatrice

C R E S C E R E I N S I E M E

NIDO BLU DI SCS LASCAUX ONLUS – via per Bresso 236, Cinisello B.mo – 3925545617 – nidoblu@lascauxonlus.it

Di solito due sono le risposte più frequenti: il rientro al lavoro dei genitori e l’esigenza dei bambini di poter condividere un tempo e uno spazio con altri bambini. Due motivazioni molto diverse tra loro, a volte si integrano.

Oltre alla spiegazione razionale della scelta del nido, qualunque essa sia, dobbiamo sempre tenere conto del vissuto emotivo che questa scelta comporta. Non dobbiamo sottovalutare che portare il bimbo al nido equivale spesso alla prima separazione e il primo ingresso del piccolo in un ambiente diverso da quello della famiglia, che ha regole e tempi diversi e che necessita di un certo grado di adattamento. Incontrare le educatrici e gli altri compagni non è mai semplice; anche quando nel bimbo si vede l’esigenza di incontrare nuovi amici, è sempre una bella sfida educativa. Allo stesso modo è una sfida per i genitori. Se il bambino impara giorno per giorno ad essere tale, lo fanno anche i genitori.

Tornare al lavoro dopo la maternità è sempre difficile, i colleghi a volte sono cambiati, il lavoro si è modificato, bisogna “riprendere il ritmo” e adattarsi a nuovi scenari. Da parte sua il bambino si domanda, a qualsiasi età, dove sia finita la mamma e che cosa abbia da fare di così importante da lasciarlo al nido. Mamma e bambino si trovano così insieme in uno sforzo di adattamento, cercando nuovi equilibri. I papà non sono esclusi da questo nuovo riassetto familiare, spesso non hanno smesso di lavorare, purtroppo il congedo parentale nel nostro paese è ancora troppo limitato, ma non è sempre facile destreggiarsi fra bambino e compagna di vita in un momento di crisi.

Allo stesso tempo, se si sceglie il nido consapevoli che il proprio figlio ha bisogno di un tempo con altri bambini, se si è notato che cerca favorevolmente la compagnia di amici della stessa età o se risulta insofferente a casa, per quanto la buona volontà sia presente in tutta la famiglia, anche questo scenario non è scevro da emozioni contrastanti.

Nonni e genitori possono sentirsi minacciati nel proprio ruolo, balzando in mente domande come: ”adesso che va al nido io cosa farò?” oppure ci si vede ingarbugliati in mille progetti, per occupare nel miglior modo il tempo in cui il bimbo è al nido tra spesa, commissioni, tempo per sé, sport e quant’altro, per poi, nella realtà, non riuscire a portare a compimento un obiettivo.

Fondamentale, quando si sceglie un nido e si accompagna il bambino nell’inserimento, è cercare di non sopprimere i propri sentimenti contrastanti. Nell’ingresso al nido vale qualsiasi pensiero, qualsiasi sentimento, colpa, frustrazione, perdita, abbandono, sollievo, preoccupazione, gioia e tutto quello che ad una persona possa venire in mente.

Solo se l’adulto si permette di provare un’ampia gamma di sentimenti, anche il bambino potrà accedervi.

Se non sopprimiamo dietro una finta maschera le nostre emozioni, se permettiamo loro di venire a galla, di espandersi, di prendersi il loro tempo e il loro spazio, solo in questo modo potremo viverle, permetterci di viverle e, allora, superarle. Più le opprimiamo, infatti, più ci faranno visita poiché è nella loro natura l’uscire a galla, mostrarsi affinché possiamo occuparci di loro, farle nostre, dare loro un nome.

È importante parlare di quello che sta avvedendo, con il bambino, con l’educatrice, con il proprio compagno, con i propri genitori, amici, con il vicino di casa, con chiunque ci sentiamo a nostro agio, affinché nelle pieghe delle parole possano prendere forma tutti i nostri sentimenti e vissuti, potendoli maneggiare.

Questo è l’aiuto più prezioso che possiamo donare ai nostri figli quando li accompagniamo al nido, senza far finta che vada tutto bene.

Solo se viviamo, se permettiamo a ciò che sentiamo di poter avere un proprio canale di uscita, allora possiamo accogliere meglio il pianto del bambino e ancora meglio i vissuti del bambino stesso, senza mischiarli troppo con i nostri.

Lasciarci uno spazio, da adulti, per vivere i propri sentimenti permette di liberare un ulteriore spazio perché il bambino possa metterci i propri e possa viverli nel proprio modo così, nella relazione, crescere entrambi, come bambini e come genitori, in fin dei conti come esseri umani.

di Valentina Lozza

psicologa, coordinatrice Nido blu – via per Bresso 236, Cinisello Balsamo

Con il presente articolo pubblichiamo i contributi percepiti nell’anno 2019 da SCS Lascaux ONLUS

per assolvere l’obbligo di trasparenza e pubblicità previsto dalla Legge 04 agosto 2017, n. 124, dall’articolo 1 commi da 125 a 129:

 

Estate ragazzi: accreditamento per gli anni 2018/2019 di soggetti gestori di centri ricreativi estivi per lo svolgimento di servizi rivolti alla fascia di età 6-14 anni

Comune di Cinisello Balsamo

€ 47.500,00 – 31/07/2019

€ 4.285,71 – 21/10/2019

 

Progetto “orientamento” IC Giovani XXIII, Cusano Milanino

€ 665,00 – 11/07/2019